Plesso Archeologico

La costruzione del complesso risale al 1215 per opera del Cardinale Raniero Capocci, sul luogo dell’antico monastero di Santa Croce, che fu riutilizzato o parzialmente inglobato nella nuova fondazione.

Costruita inizialmente in forme gotiche, la prima fabbrica fu ammirata per più di quattro secoli salvandosi anche dalle devastazioni compiute dai Lanzichenecchi di ritorno dal “sacco di Roma” ma i danni causati da un terremoto nei primi anni del XVIII secolo furono tali che si decise di intervenire ricostruendo, di fatto, la chiesa.

Si salvano probabilmente solo i muri esterni ma il progetto, affidato appunto a Nicola Salvi, che riguardò la facciata e soprattutto lo spazio interno, fu radicale, e il risultato sbalorditivo: un’ampia navata principale coperta da una volta lunga ben 80 metri.

L’architettura della chiesa risplendeva allora grazie alla luce che attraversava le ampie finestre mostrando un imponente spazio razionalmente scandito dai costoloni della volta e le enormi colonne binate, il barocco di questo edificio testimonia una decisiva evoluzione, non più “eccesso” ma un ritrovato rigore.

Nel 1874 infatti il complesso fu chiuso al culto e confiscato dal neonato Regno d’Italia per adibirlo a penitenziario, la splendida navata diventò in questo periodo nientemeno che la falegnameria del carcere dove i detenuti svolgevano i lavori, ma sarà la guerra e i bombardamenti del 1944 a infliggere il colpo più duro: le bombe alleate la colpirono distruggendo il tetto e parte delle volte interne.

Terminato il conflitto, inspiegabilmente, non si ritenne l’edificio meritevole di esser ricostruito ed anzi ci si affrettò a demolirne le parti pericolanti tanto che, di fatto, dagli anni ’50 la navata, ormai a cielo aperto, appariva come una suggestiva rovina di un passato già lontano.

Resta difficile avere un’idea di tale edificio ma sembra che un’edicola preesistente dedicata alla Madonna sarebbe stata inglobata nella Cappella del Crocefisso della nuova chiesa che fu sempre identificata come “Chiesa Vecchia”, attualmente ristrutturata e sede del Sistema Museale di Ateneo. Dell’intero complesso l’unica parte che ha conservato l’aspetto originario è il primo chiostro di epoca medievale.

A fronte di un chiostro rimasto quasi intatto in più di otto secoli, ce n’è un secondo, costruito nel 1306 che oggi presenta severe forme seicentesche.

Al centro, in questo caso, si erge una fontana, realizzata nel 1480 caratterizzata da un originale “recinto” ottagonale sormontato da una trabeazione classicistica di spirito rinascimentale.

Il complesso rivestì per molto tempo un ruolo importantissimo nella vita della città. All’interno dell’antico convento di Santa Maria in Gradi, oggi sede dell’Università degli Studi della Tuscia, sorge la Chiesa di Santa Maria in Gradi il cui nome deriva dall’imponente gradinata di accesso e la cui riapertura.

Dopo aver attraversato quasi inalterata cinque secoli di storia, nel luglio del 1737 si demolisce l’interno della vecchia chiesa con l’intento di dare nuova veste alle vecchie strutture messe a dura prova dai terremoti.

I Lavori di rifacimento della chiesa vengono affidati all’arch. Nicola Salvi, lo stesso che progettò la Fontana di Trevi a Roma, che fatto salvo l’imponente portico esterno, trasformò completamente lo spazio interno della chiesa. Ne fece un capolavoro unico per l’architettura viterbese passando dalla divisione e tre navate con copertura lignea a quella unica coperta con una volta a botte.

Oltre la navata, si accedeva ad un transetto coperto da una cupola ottagonale mentre eleganti stucchi decoravano le pareti.