La Storia di S. Maria in Gradi

Il complesso edilizio monumentale di S. Maria in Gradi è ubicato in prossimità delle mura civiche che cingono il centro storico di Viterbo, sull’asse viario che provenendo da Roma attraverso i monti Cimini, punta l’ingresso della monumentale Porta Romana.

Si estende su un’area di oltre 3,5 ettari, con oltre mq. 15.000 di superfici coperte, già ristrutturate, oltre ai circa 1.600 mq di superficie della ex Chiesa di S. Maria in Gradi, attualmente non agibile.

Il plesso racconta una storia tutt’altro che lieta, come meglio specificato nei paragrafi seguenti fu edificato come sede di un convento domenicano e divenne nel 1800 luogo di accoglienza di carcerati fino 1993.

Nel 1996 dopo importanti ristrutturazioni divenne la sede dell’Università degli studi della Tuscia, unica università cittadina.

Oggi il plesso è caratterizzato da un equilibrio di raro splendore tra antichità e modernità, sede del Rettorato e degli uffici centrali, raccoglie una bellezza di cui può godere una comunità “interna” di circa 10.000 persone tra docenti, studenti, personale tecnico amministrativo e addetti alla manutenzione, pulizia e sicurezza.

Si ritiene indispensabile un breve excursus storico per comprendere il valore, anche simbolico, che il complesso riveste per la città di Viterbo.

La costruzione del complesso risale al 1215 per opera del Cardinale Raniero Capocci, sul luogo dell’antico monastero di Santa Croce, che fu riutilizzato o parzialmente inglobato nella nuova fondazione.

Costruita inizialmente in forme gotiche, la prima fabbrica fu ammirata per più di quattro secoli salvandosi anche dalle devastazioni compiute dai Lanzichenecchi di ritorno dal “sacco di Roma” del 1527 ma i danni causati da un terremoto nei primi anni del XVIII secolo furono tali che nel 1736 si decise di intervenire ricostruendo, di fatto, la chiesa.

Si salvano probabilmente solo i muri esterni ma il progetto, affidato appunto a Nicola Salvi, che riguardò la facciata e soprattutto lo spazio interno, fu radicale, e il risultato sbalorditivo: un’ampia navata principale coperta da una volta lunga ben 80 metri.

L’architettura della chiesa risplendeva allora grazie alla luce che attraversava le ampie finestre mostrando un imponente spazio razionalmente scandito dai costoloni della volta e le enormi colonne binate, il barocco di questo edificio testimonia una decisiva evoluzione, non più “eccesso” ma un ritrovato rigore.

Purtroppo però, nei secoli successivi, ancora una sorte avversa le sarebbe spettata; Nel 1874 infatti il complesso fu chiuso al culto e confiscato dal neonato Regno d’Italia per adibirlo a penitenziario, la splendida navata diventò in questo periodo nientemeno che la falegnameria del carcere dove i detenuti svolgevano i lavori, ma sarà la guerra e i bombardamenti del 1944 a infliggere il colpo più duro: le bombe alleate la colpirono distruggendo il tetto e parte delle volte interne.

Terminato il conflitto, inspiegabilmente, non si ritenne l’edificio meritevole di esser ricostruito ed anzi ci si affrettò a demolirne le parti pericolanti tanto che, di fatto, dagli anni ’50 la navata, ormai a cielo aperto, appariva come una suggestiva rovina di un passato già lontano.

Resta difficile avere un’idea di tale edificio ma sembra che un’edicola preesistente dedicata alla Madonna sarebbe stata inglobata nella Cappella del Crocefisso della nuova chiesa che fu sempre identificata come “Chiesa Vecchia”, attualmente ristrutturata e sede del Sistema Museale di Ateneo.

Dell’intero complesso l’unica parte che ha conservato l’aspetto originario è il primo chiostro di epoca medievale.

A fronte di un chiostro rimasto quasi intatto in più di otto secoli, ce n’è un secondo, costruito nel 1306, ma rimaneggiato più volte, che oggi presenta severe forme seicentesche.

Al centro, in questo caso, si erge una fontana, realizzata nel 1480; classica nel suo impianto, caratterizzata però da un originale “recinto” ottagonale sormontato da una trabeazione classicistica di spirito rinascimentale.

Il complesso rivestì per molto tempo un ruolo importantissimo nella vita della città. All’interno dell’antico convento di Santa Maria in Gradi, oggi sede dell’Università degli Studi della Tuscia, sorge la Chiesa di Santa Maria in Gradi il cui nome deriva dall’imponente gradinata di accesso e la cui riapertura.

Dopo aver attraversato quasi inalterata cinque secoli di storia, nel luglio del 1737 si demolisce l’interno della vecchia chiesa con l’intento di dare nuova veste alle vecchie strutture messe a dura prova dai terremoti che, tra il 1695 ed il 1703, avevano scosso l’intera regione.

I Lavori di rifacimento della chiesa vengono affidati all’arch. Nicola Salvi, lo stesso che progettò la Fontana di Trevi a Roma.

Il Salvi, tra il 1737 e il 1758, fatto salvo l’imponente portico esterno, trasformò completamente lo spazio interno della chiesa che, nell’equilibrio tra lo stile barocco e una nuova esigenza di sobrietà, ne fece un capolavoro unico per l’architettura viterbese passando dalla divisione e tre navate con copertura lignea a quella unica coperta con una volta a botte.

Oltre la navata, si accedeva ad un transetto coperto da una cupola ottagonale mentre eleganti stucchi decoravano le pareti.

La nuova chiesa consacrata nel 1758 seguirà le sorti del convento prima occupato dall’esercito francese, quindi annesso al demanio del Regno d’Italia che lo adibirà dal 1874 a stabilimento carcerario.

Nel corso della seconda guerra mondiale un grave bombardamento sottrarrà la chiesa alla sua ultima destinazione di laboratorio dei detenuti condannandola allo stato di rudere.

Nel 1996 l’intero complesso è stato assegnato in concessione gratuita e perpetua all’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.

Dal 2000 al 2006, con esclusione della Chiesa, è stato oggetto di ristrutturazione per assolvere le funzioni istituzionali dell’Università come sede del Rettorato e di alcuni Dipartimenti.

Nei vari ambienti sono stati realizzati uffici, aule, biblioteche, un’Aula Magna, un Auditorium per circa 300 persone e il Sistema Museale di Ateneo che occupa attualmente gli spazi del primo nucleo storico del convento.